gli/li
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gli/li
Mio figlio di V elementare, non ha ben compreso quando utilizzare "gli" e qundo "li". Fino a quando si tratta di singolare o plurale, non dovrei avere grandi problemi a farglielo capire, ma ho dei dubbi su come spiegare l'uso improprio del "gli" come sostituto di "loro". Mi spiego con un esempio: per dire p.es. che ho portato i miei figli da un buon medico dico "li ho fatti vedere da un bravo medico", se voglio invece dire che ho voluto mostrare un bravo medico ai miei figli dovrei dire "Ho fatto loro vedere un bravo medico", ma in realtà ormai si dice anche "Gli ho fatto vedere un bravo medico". Come spiego a mio figlio come usare gli e li anche in questo caso? Grazie, Marina
malalli- Ospite
Re: gli/li
'Gli' è un pronome personale di terza persona singolare maschile ed a rigore 'gli ho spiegato...' significa 'ho spiegato a lui...'
Nel linguaggio colloquiale 'gli' viene usato anche per 'loro' ma può
generare confusione: non si sa se si sta parlando di uno o più persone.
Secondo me meglio usare 'ho spiegato loro..."
Nel linguaggio colloquiale 'gli' viene usato anche per 'loro' ma può
generare confusione: non si sa se si sta parlando di uno o più persone.
Secondo me meglio usare 'ho spiegato loro..."
winnie- Ospite
Re: gli/li
http://forum.accademiadellacrusca.it/forum_5/interventi/825.shtml
pronome gli - loro
1. La grammatica del Serianni, d'una quindicina d'anni fa, recita
chiaramente che "gli" al posto di "loro" non può considerarsi un
errore.
2. Il 'Vocabolario Treccani', di stretta osservanza fiorentina (Aldo
Duro, a cavallo tra gli anni '980 e '990), dichiara che "gli" dativo
plurale, maschile e femminile, è usato da buoni scrittori e ne riporta
due esempi.
2a: «Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta?» (Manzoni,
v. anche sotto).
2b: «le belle ragazze di qui non sono degne di portargli le scarpe, a
quelle di Napoli» (Verga. A me questo secondo esempio sembra poco
significativo: la frase è colloquiale e direi obbligata la scelta).
3. Il 'Grande Dizionario' del Battaglia riporta altri esempi, estesi su
un maggiore arco temporale.
3a: «L'essere amati gli è sommamente caro, parendo loro che chi gli ama
gli approvi» (Della Casa: è un bell'esempio d'uso delle due diverse
forme nello stesso periodo, con impeccabile senso dello stile).
3b: «Non so quel che i peripatetici fusser per dire, atteso che le
considerazioni fatte da voi credo che gli giungerebbero per la maggior
parte nuove» (Galileo: qui lo "pseudo-purista" «giungerebbero loro»
sarebbe un vero sconquasso).
3c: «Provvedutamente usando le cose del mondo a quel fine che gli
furono concedute, conducono ordinatamente la temporal vita e
nell'eterna saranno felici» (Cesari, 1817: forse è l'esempio piú
neutro: «furono loro concedute» sarebbe equivalente).
3d: «Per via, incontrò i vecchi amici, ma ogni volta, dopo cinque
minuti di silenzio e d'imbarazzo, gli stringeva la mano: «Basta,
arrivederci!» e se ne andava» (Brancati, 1945: mi sembra l'esempio piú
convincente di tutti).
3e: «Se vengono i ladri stanotte,/ salta in mezzo ai filari e gli
fiacca la schiena.» (Pavese).
4. Altri due esempi dalla 'Grammatica storica della lingua italiana e
dei suoi dialetti' (vol. secondo, §463) di Gerhard Rohlfs, un testo
fondamentale di cui esiste un'edizione economica (Einaudi, PBE 149).
4a: «Che gli ho da dire, signori miei» (Fucini, toscano del secondo
Ottocento: davvero quasi dialettale).
4b: «molti cittadini eransi andati a richiamare al pretore... per
cagione de' beni che egli involati gli avea» (Straparola, novellista
del Cinquecento: la frase sfuma via leggerissima insieme ai beni,
mentre «involati avea loro» mi ricorderebbe una "pennichella" di
bisonti).
5. Nella "quarantana" Manzoni ha sostituito circa un terzo dei "loro"
al dativo (in linguaggio maccheronico-informatico non si potrebbe
quindi parlare di "replacione"): nella "ventisettana" la frase citata
sopra era «Chi darebbe lor retta?». Un altro facile esempio si trova
nel capitolo del tumulto, subito prima della presentazione del vecchio
malvissuto: un «...guardar loro in viso» diventa «...guardargli in
viso», peraltro ostico da pronunziare (oggi credo che useremmo
"guardare" come transitivo e scriveremmo "guardarli in viso", anche se
a ben vedere ha un significato leggermente diverso). Secondo il Rohlfs,
la decisione opposta dell'Ariosto fu dovuta alle censure del toscano
Varchi. A mio parere, non vale la pena d'invocare in questa 'querelle'
né l'Ariosto né il Manzoni: sono due casi che si compensano, ma
soprattutto rappresentano delle forzature. Le loro "seconde scelte"
sono entrambe a tesi ("decolloquializzare" in un caso, "ritoscanizzare"
nell'altro), non nascono dal ritmo intrinseco del verso o della frase
(devo anche dire che mentre nel caso del Manzoni il confronto tra le
due edizioni è facilissimo, io non conosco la prima edizione del
'Furioso' e non ne esiste un'edizione interlineare). 6. Da Leopardi
('Zibaldone di pensieri': anche gli appunti personali si possono
scivere a un sommo livello di stile) cito però un tipico caso nel quale
"gli" starebbe malissimo: «...secondo che lor conveniva».
Autore : Vittorio - Email :
Inviato il : 07/01/2003 alle 13.24.49
pronome gli - loro
1. La grammatica del Serianni, d'una quindicina d'anni fa, recita
chiaramente che "gli" al posto di "loro" non può considerarsi un
errore.
2. Il 'Vocabolario Treccani', di stretta osservanza fiorentina (Aldo
Duro, a cavallo tra gli anni '980 e '990), dichiara che "gli" dativo
plurale, maschile e femminile, è usato da buoni scrittori e ne riporta
due esempi.
2a: «Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta?» (Manzoni,
v. anche sotto).
2b: «le belle ragazze di qui non sono degne di portargli le scarpe, a
quelle di Napoli» (Verga. A me questo secondo esempio sembra poco
significativo: la frase è colloquiale e direi obbligata la scelta).
3. Il 'Grande Dizionario' del Battaglia riporta altri esempi, estesi su
un maggiore arco temporale.
3a: «L'essere amati gli è sommamente caro, parendo loro che chi gli ama
gli approvi» (Della Casa: è un bell'esempio d'uso delle due diverse
forme nello stesso periodo, con impeccabile senso dello stile).
3b: «Non so quel che i peripatetici fusser per dire, atteso che le
considerazioni fatte da voi credo che gli giungerebbero per la maggior
parte nuove» (Galileo: qui lo "pseudo-purista" «giungerebbero loro»
sarebbe un vero sconquasso).
3c: «Provvedutamente usando le cose del mondo a quel fine che gli
furono concedute, conducono ordinatamente la temporal vita e
nell'eterna saranno felici» (Cesari, 1817: forse è l'esempio piú
neutro: «furono loro concedute» sarebbe equivalente).
3d: «Per via, incontrò i vecchi amici, ma ogni volta, dopo cinque
minuti di silenzio e d'imbarazzo, gli stringeva la mano: «Basta,
arrivederci!» e se ne andava» (Brancati, 1945: mi sembra l'esempio piú
convincente di tutti).
3e: «Se vengono i ladri stanotte,/ salta in mezzo ai filari e gli
fiacca la schiena.» (Pavese).
4. Altri due esempi dalla 'Grammatica storica della lingua italiana e
dei suoi dialetti' (vol. secondo, §463) di Gerhard Rohlfs, un testo
fondamentale di cui esiste un'edizione economica (Einaudi, PBE 149).
4a: «Che gli ho da dire, signori miei» (Fucini, toscano del secondo
Ottocento: davvero quasi dialettale).
4b: «molti cittadini eransi andati a richiamare al pretore... per
cagione de' beni che egli involati gli avea» (Straparola, novellista
del Cinquecento: la frase sfuma via leggerissima insieme ai beni,
mentre «involati avea loro» mi ricorderebbe una "pennichella" di
bisonti).
5. Nella "quarantana" Manzoni ha sostituito circa un terzo dei "loro"
al dativo (in linguaggio maccheronico-informatico non si potrebbe
quindi parlare di "replacione"): nella "ventisettana" la frase citata
sopra era «Chi darebbe lor retta?». Un altro facile esempio si trova
nel capitolo del tumulto, subito prima della presentazione del vecchio
malvissuto: un «...guardar loro in viso» diventa «...guardargli in
viso», peraltro ostico da pronunziare (oggi credo che useremmo
"guardare" come transitivo e scriveremmo "guardarli in viso", anche se
a ben vedere ha un significato leggermente diverso). Secondo il Rohlfs,
la decisione opposta dell'Ariosto fu dovuta alle censure del toscano
Varchi. A mio parere, non vale la pena d'invocare in questa 'querelle'
né l'Ariosto né il Manzoni: sono due casi che si compensano, ma
soprattutto rappresentano delle forzature. Le loro "seconde scelte"
sono entrambe a tesi ("decolloquializzare" in un caso, "ritoscanizzare"
nell'altro), non nascono dal ritmo intrinseco del verso o della frase
(devo anche dire che mentre nel caso del Manzoni il confronto tra le
due edizioni è facilissimo, io non conosco la prima edizione del
'Furioso' e non ne esiste un'edizione interlineare). 6. Da Leopardi
('Zibaldone di pensieri': anche gli appunti personali si possono
scivere a un sommo livello di stile) cito però un tipico caso nel quale
"gli" starebbe malissimo: «...secondo che lor conveniva».
Autore : Vittorio - Email :
Inviato il : 07/01/2003 alle 13.24.49
gatto- Ospite
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